Su Araberara in edicola dal 1° al 14 dicembre un’intervista a Eliana Patelli che ha voluto dare la sua testimonianza contro la violenza sulle donne, lei che dalla violenza è fuggita proprio correndo…
“L’errore mio è stato quello di perdonare il primo livido, non lo si deve mai fare, non lo deve fare nessun’altra, si deve subito dire basta alla violenza perché se lo fai la prima volta lo fai sempre, come ho fatto io. Chi si trova oggi nelle condizioni in cui ero io, deve capire che perdonando ci si fa solo del male a se stesse. Chi ti picchia, chi ti fa del male, non merita il tuo amore”.
Correre a perdifiato per ritrovare se stessi, per riprendersi in mano la propria vita, correre con una giacca da sci e i pantaloni del pigiama sotto la neve, mentre gli altri ti guardano increduli. Una corsa per fuggire dall’ennesima notte passata sola, segregata in casa dal tuo compagno, una fuga per ritrovare la vita con il sudore e le lacrime. Eliana Patelli, volto noto dell’atletica orobica, la sua vittoria con la corsa l’ha avuta subito, sin da quei primi passi mossi sotto la neve di Clusane, paese dove conviveva con il suo ex fidanzato dal quale se ne è andata dopo 10 anni di soprusi, violenze e umiliazioni. Una storia la sua che lei vuole raccontare a dieci anni di distanza dall’addio proprio per far capire alle donne che a volte è meglio lasciarsi indietro l’amore della propria vita se questo ti fa del male, ti umilia, di distrugge fuori e dentro.
“Quella mattina d’inverno non me la scorderò mai – racconta Eliana Patelli – avevo passato l’ennesima notte chiusa in casa da sola, ad attendere che lui tornasse dopo una notte brava con gli amici. Non era la prima volta, anzi, ormai era la prassi, lui mi chiudeva in casa e se ne andava via per tornare poi solo al mattino, ubriaco e drogato, ma io ero sempre lì che lo aspettavo, in ansia per lui. Anche quella mattina erano le dieci e lui non tornava, io ero preoccupata per lui, pensavo ad un incidente, a qualcosa di tragico. Non so però cosa è scattato quella volta, nevicava ed io mi misi addosso una giacca da snow e uscii di casa scavalcando il cancello, iniziai a correre sotto la neve pur indossando i pantaloni del pigiama e non mi fermai per un’ora e mezzo. Correvo e piangevo e più correvo più mi liberavo dalle mie paure, dai miei tormenti, la gente mi guardava incredula ma a me non importava, continuavo a correre nel freddo e mi sentivo sempre meglio, passo dopo passo. Ricordo che più correvo e più non sentivo la fatica. Quando sono tornata a casa ho deciso di chiudere questa storia che mi portavo dietro da dieci anni”…
2 pagine di intervista SUL NUMERO IN EDICOLA DA VENERDI’ 1 DICEMBRE
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